Martiri in viaggio: storie di devozione medievale nella Sardegna latina e spagnola


Martiri in viaggio: storie di devozione medievale nella Sardegna latina e spagnola
Autore: Alessia Vacca
 
Numero Rivista: 3 (2022)
 
Abstract:
In Sardegna, fin dall’inizio del tardo Medioevo, le operette religiose come passioni e agiografie erano composte in latino: anche se in larga parte perdute, queste produzioni edificanti e morali spesso mancavano di storicità ma, in qualche modo, erano capaci di catturare l’attenzione e le emozioni dei fedeli con i loro tratti melodrammatici, motivo per il quale hanno cominciato a rappresentare un punto di riferimento per le comunità cristiane. I primi scritti riguardavano San Lussorio o San Giorgio da Suelli ma il focus principale era incentrato su San Saturnino, patrono di Cagliari, assassinato durante le persecuzioni all’epoca di Diocleziano a causa della sua fede cattolica. Le prime composizioni furono rinvenute in due manoscritti del VI secolo e studiate, per la prima volta, dal Mombritius. Le fonti più autorevoli di questa passione erano due miti spagnoli su San Saturnino di Tolosa. Sant’Antioco è un altro importante martire sardo: era un giovane medico africano che non voleva alcun compenso economico per aiutare gli altri e, durante il II secolo, si convertì al cristianesimo. Una piccola isola nel sud-ovest della Sardegna porta, oggi, il suo nome in quanto luogo dove ha trascorso tutta la sua vita predicando la fede cristiana; oggi è il patrono dell’isola, la cui celebrazione si svolge il 13 novembre.
 
 
Profilo biografico:
Leonardo Lastilla
Alessia Vacca, nata il 26/8/1996, ha conseguito la maturità classica nel 2015 e la laurea in Filologia e Letterature Classiche e Moderne nel 2021 all’Università di Cagliari. Si è formata in modo particolare sulla narrativa edificante francese e il teatro sardo seicentesco.Continua la lettura…

Giovanni Antonio Colicci, un romano nella scuola napoletana di scultura lignea


Il contributo si propone di ricostruire cronologicamente la carriera dello scultore romano Giovanni Antonio Colicci attraverso tutte le sue opere certe e i documenti già pubblicati, facendo un’analisi critica delle attribuzioni finora a lui assegnate, nonché aggiungendo nuove opere certe ed un ampio numero di nuove attribuzioni alle quali si è giunti partendo dell’analisi tecnica e formale. Da tale percorso ne emerge uno scultore che va riconosciuto come uno dei più virtuosi della scultura lignea di scuola napoletana, identificabile per la sua perizia e abilità e, soprattutto, per il suo particolarissimo modo di eseguire le pieghe e per il raffinato modo di comporre e lavorare i capelli dei suoi simulacri.
Colicci replica, e non è un caso isolato, medesimi modelli per la stessa iconografia, come nel caso delle sue Immacolate e dei San Michele. Si nota, inoltre, nell’opera del Colicci il ricorrente stratagemma di realizzare composizioni speculari con la finalità di approfittare al massimo gli stessi prototipi. Nell’articolo si restituiscono allo scultore opere già attribuite ad altri maestri, addirittura Nicola Fumo o Giacomo Colombo, principali e più noti esponenti della scuola napoletana il ché dimostra l’altissimo livello artistico raggiunto da Colicci. Il successo della sua bottega viene provato dal fatto che le sue opere sono sparse per tutto il Mezzogiorno durante tutta la prima metà del Settecento.
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Alberto Moravia e lo sguardo antropologico


Il saggio intende esaminare il romanzo L’uomo che guarda di Alberto Moravia, edito nel 1985. Scopo principale del lavoro è quello di individuare e seguire la componente antropologica che presiede alle scelte narrative dell’autore. Nel romanzo, in particolare, il fenomeno della scopofilia, che contraddistingue il protagonista, diventa il fondamento di indagine per capire come avviene e come funziona il nesso relazionale tra l’individuo e le cose (centrale per tutta la scrittura dell’autore già dai tempi del primo romanzo esistenzialista del ’29). Medesima importanza è assegnata all’aspetto saggistico che rende il romanzo un esemplare significativo delle sperimentazioni letterarie di quegli anni. Nella prima parte del testo sono state confrontate le scelte moraviane con alcuni dei paradigmi essenziali della civiltà letteraria novecentesca gravitante attorno al ruolo e allo statuto del personaggio. È stato dato ampio spazio alla discussione critica e bibliografica, a partire dalle pagine fondamentali di Giacomo Debenedetti, Luigi Baldacci, Cesare Garboli e altri studiosi.Continua la lettura…

Mitopoiesi sociale nel romanzo volponiano


Pensare a Paolo Volponi e pensarlo poeta parrebbe assurdo. Eppure, dovremmo. L’iniziale produzione poetica di un esordiente letterato, infatti, a ben guardare nei suoi romanzi, ne costituisce l’ossatura come la sceneggiatura, per una prosa, la quale, via via, opera dopo opera, si faceva più strutturata e quindi matura, non solo nell’impianto stilistico ma anche nelle tematiche, soprattutto sociali. Il meccanicismo della prima ora diviene ossessione per la riduzione dell’uomo a macchinario ma anche sconforto per la perdita di identità tra il microcosmo individuale e il macrocosmo reale. Il dramma che consuma ogni protagonista è lo stesso, amplificato, della giovanile paura di dare forma alle proprie pulsioni e di confrontarle con un mondo da accettare, più comprendere. Così l’ultimo romanzo dello scrittore pare rappresentare la sintesi tra queste due istanze, nella fusione dell’autobiografia con una compiuta maniera di raccontare, descrivendo.Continua la lettura…