di Marco Mercato
Con il tramonto dell’età comunale e con l’avvento di nuove forme di potere, le città suscitarono un rinnovato interesse. I nuovi signori, infatti, dovevano trovare un modo per esprimere la loro legittimità e, in un contesto politico burrascoso ed incerto, uno degli espedienti migliori fu quello di intervenire sul tessuto urbano, avendo dunque l’opportunità, con la propria azione, di controllare in modo vasto e, per quanto possibile completo, la società. Le esigenze del momento diedero nuovo prestigio ad una figura, quella dell’architetto, che finì per trovarsi a metà strada tra le ambizioni del potere e le concezioni dell’Umanesimo. In pieno Quattrocento, nel vivo del fermento culturale e con una situazione politica che sembrò ad un certo punto stabilizzarsi, in molti iniziarono a pensare che una città ideale, perfetta armonia fra antico e moderno, leggi umane e leggi della natura, potesse finalmente realizzarsi e ciò trovò corrispondenza nei progetti dei principali architetti ed artisti dell’epoca. Purtroppo però, tutto questo durò soltanto pochi decenni: le Guerre d’ Italia cancellarono ben presto ogni possibilità di dar concretezza a quello che si riteneva un nuovo ordine, rimettendo in discussione ogni cosa.
L’articolo completo è disponibile sul numero 2-3 (2018) di “Riscontri”
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Marco Mercato è nato a Pompei nel 1991, ha conseguito nel 2012 il Diploma di Specializzazione in Studi Sindonici presso l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma e, nel 2017, la Laurea Magistrale in Scienze Storiche presso l’Università “Federico II” di Napoli. Ha partecipato occasionalmente, e partecipa tuttora, al programma di Rai Storia “Passato e Presente”.