di Carlo Di Lieto
Nicola Prebenna, in Vulnera temporis (2018), in perfetta armonia di toni ed equilibrio stilistico, affida i suoi alati versi all’infinita trascendenza dell’esperienza interiore, disseminata in un discorso di frammenti d’amore, allertati dalla fede e da un codice etico-civile. La sfera del reale confligge con la latenza inconscia, nel tentare uno snodo o un varco all’addensarsi del Male, nelle sotterranee latebre del mondo. Prebenna denuncia coraggiosamente la malattia dell’essere, disincarnando ogni illusione, svelando l’ontologia del negativo del suo “inquieto sentire” ed elaborando la pulsione di vita, a fronte della pulsione di morte. L’interlocutore privilegiato di Prebenna è un Tu – divino, che nasce da una permanente conflittualità con il reale, lungo un itinerario di fede e di speranza. Egli si muove sul discrimine dello “stupore” e del “lutto” e, ravvivato dal Verbum della poesia, tramuta, in espressione di redenzione e di serenità spirituale, il Male della Storia.
L’articolo completo è disponibile sul numero 1 (2020) di “Riscontri”
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