Nel periodo in cui il fascismo cominciava ad accreditarsi all’opinione pubblica, la nascita del PC da una costola del socialismo avrebbe condizionato l’intera storia italiana a livello politico-economico-sociale.
La pubblicazione, a cura di Giuseppe Iuliano e Paolo Saggese, è anche un’occasione «per riflettere nuovamente sulla questione meridionale, sulla grande intuizione gramsciana, che accomuna il fondatore del Partito dei comunisti ad alcuni dei maggiori intellettuali del primo Novecento quali Piero Gobetti, Guido Dorso, Tommaso Fiore, Gaetano Salvemini, Ruggero Grieco, Giuseppe Di Vittorio».
Quello che nacque fu un partito pienamente meridionalista, grazie all’impostazione ideale di Antonio Gramsci che «da meridionale meridionalista» considerò quella del Mezzogiorno «la vera questione “nazionale” da affrontare con urgenza e risolvere».
Anche per il coraggio personale dei suoi militanti, per la loro determinazione e la loro organizzazione, con tutti i limiti sovente denunciati da Gramsci, il PCd’I subiva intanto da parte del fascismo un trattamento particolarmente duro e spesso violento. Gramsci divenne l’icona dell’opposizione più forte e coerente al regime, coraggiosa come quella di un Gobetti, provvista di una struttura etica come quella di un Amendola, ma senza compromessi alle spalle, forte come quella di un Rosselli e di un Salvemini […]
In questo saggio, nel ripercorrere alcune tappe significative di quegli anni, si propongono pagine e riflessioni antologiche, tra cui il Discorso di Gramsci alla Camera del 16 maggio 1925, La lettera per la fondazione de “l’Unità” e Il Congresso di Livorno, testimonianze sempre vive di tensioni morali molto prossime al “meridionalismo delle idee e della ragione”.