Nel Concilio provinciale di Capua del 1590 quello del confessore venne etichettato come un “periculosum ministerium”, a indicare l’abilità richiesta da una pratica delicata come quella della penitenza.
Durante il Seicento, la confessione dei peccati divenne infatti uno dei principali strumenti di disciplinamento utilizzati dalla Chiesa cattolica. Essa si avviò a diventare da pratica sgradita a momento di incontro e di scavo interiore fortemente ricercato, così come molti confessori si trasformarono da sacerdoti visti con sospetto, da cui rifuggire, in padri spirituali apprezzati e amati.
In che modo avvenne questa trasformazione, apparentemente opposta alla stretta normativa emanata dal Concilio di Trento, ed in particolare quali furono i suoi effetti sulle istituzioni monastiche femminili, sono le domande a cui questo studio ha provato a dare una risposta. Allo stato attuale delle ricerche, consultata la storiografia disponibile sull’argomento ed esaminate le più significative fonti disponibili nell’Archivio Storico Diocesano di Napoli e nell’Archivio Segreto Vaticano, è stato possibile ricostruire, almeno per quanto riguarda la realtà napoletana, le fasi di questo mutamento.
SCHEDA AUTORE
Mario Sanseverino si è laureato con lode in Scienze Storiche all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Dottorando della Scuola Superiore di Studi Storici dell’Università della Repubblica di San Marino, con una tesi sulle missioni e le conversioni religiose nel Maghreb in età moderna, ha sempre mostrato uno spiccato interesse per le tematiche di storia religiosa, in particolare per gli incontri e gli scontri tra le diverse confessioni. Ha organizzato, sistemato e inventariato la Biblioteca di Fernand Braudel, conservata presso il Dipartimento di Storia dell’Università di San Marino. Scrive per la rivista LaCOOLtura e ha partecipato, in qualità di giovane storico, al programma di Rai Storia Passato e Presente.