I mondi interconnessi di Crescenzo Fabrizio
Giornalista di esperienza e mestiere per importanti testate regionali e nazionali, personaggio pubblico attento all’impegno civile e alle dinamiche del sociale, e al tempo stesso fantasioso e visionario romanziere: spinti dalla curiosità di capire le possibili dinamiche di coesistenza di queste sensibilità in apparenza piuttosto lontane, siamo andati a conoscere le due anime dell’irpino Crescenzo Fabrizio.
1) Grazie, Crescenzo, di esserti voluto raccontare e aprire a noi di Riscontri, allo stesso modo dei tuoi bei personaggi idealisti che popolano diversi dei tuoi romanzi, e perciò ti domando subito: ma è proprio vero che oggi la storia guarda indietro, invece di guardare avanti?
Più che guardare indietro, credo che ogni racconto venga per molti versi dal passato, non fosse altro che per il vissuto dell’autore. Da appassionato di romanzi storici, più che da autore, posso dire che ogni bravo scrittore ambienta le storie nel passato per parlarci del presente con uno sguardo al futuro.
2) Come giornalista hai raccontato spesso crimini e scandali, e come autore hai strutturato talvolta inquietanti orizzonti distopici: possiamo dire che in qualche modo la nostra società oscilla pericolosamente verso nuove forme di incubo?
Un mio grande rammarico è quello di non essermi mai occupato, nelle mie esperienze giornalistiche, di cronaca nera. Mi è bastato però raccontare l’attualità della politica e della pubblica amministrazione in particolare per trovare spunti che nei miei romanzi sono diventati intrecci fatti di malaffare, mafie e politica corrotta. Gli incubi collettivi di 40 o 50 anni fa erano quelli proposti dalla televisione: il mostro di Firenze, il terrorismo, i sequestri di persona. Oggi sappiamo che l’incubo può convivere con noi, può incarnarsi nel vicino di casa o nel collega di lavoro. Io penso che valga anche per le mafie: non c’è più la coppola a distinguere i mafiosi e la lupara a caratterizzare la loro pericolosità, oggi sappiamo che mafioso, o complice dei mafiosi, può essere il sindaco che abbiamo votato, il bancario affabile che ci ha aperto il conto corrente e che è in combutta con gli usurai, l’imprenditore modello che dà lavoro ai nostri figli e che ricicla i capitali provenienti da attività criminali. Questa prossimità rende anche gli scenari distopici quasi reali: quando sei anni fa ho scritto un romanzo catalogabile in questo genere, la minaccia atomica era più un ricordo di anni lontani che una possibilità del presente. Eppure gli “amici” russi che sponsorizzavano la Champion’s League che ci godevamo dalla poltrona e che ci hanno portato aiuto nella prima fase della pandemia, oggi rappresentano una minaccia. Non è che abbiano gettato una maschera che non avevano: sono semplicemente la proiezione della nostra stessa aggressività, tutti potenziali “mostri”.
3) Raccontare l’attualità, ripercorrere la storia, indagare il futuro naturalmente significa non solo individuarne e descriverne le ricorrenti occasioni mancate e brutture, ma anche delineare le possibili speranze: le tue, quelle che affiorano dai tuoi articoli e dalle tue storie, quali sono?
I personaggi dei miei romanzi, chi più chi meno, sono cercatori di verità: nascoste, dimenticate o mai cercate; la ricerca della verità è in sé una speranza, uno scopo e una motivazione. Io non ho trovato verità né le cerco, perché da credente ripongo in una sola certezza ogni verità che ci sfugge. Se proprio devo individuare un’attesa riconducibile alla speranza, posso dire con certezza che non ho più attese da consumare: le speranze dei miei figli sono le mie, ma è giusto non vivere così a lungo da vederle compiute. Sono le loro speranze. La speranza di un padre si compie nella vita che ha generato. È molto, e può bastare. Almeno per me.
4) Per finire, scegli un tuo libro per noi: raccontaci quello che ti sembra più adatto a rappresentare le emozioni che ci viviamo oggi, le risposte che cerchiamo.
Nel mio primo romanzo, una storia di fede, ingiustizie ed enigmi, ho riposto tutto ciò che un autore dilettante come me può raccontare in tutta la sua vita; gli altri romanzi sono affabulazioni, costruzioni di fantasia, esercizi dell’intelletto e passioni trasformate in parole. Il Codice Tiziano, questo il titolo, è la ricerca di un segreto nascosto nel contesto di una lotta secolare tra forze temibili e oscure. Un racconto fatto di ombre, penombre e luci nascoste.
intervista a cura di Carlo Crescitelli