D. RIVAROSSA, La Strige, Bertoni editore, Chiugiana (PG), 2020, pp. 106, € 14,00
“Strige” è l’italianizzazione del termine latino strix, che indica sia la strega che il barbagianni, il rapace notturno in grado di ruotare la testa di quasi trecentosessanta gradi. Qui diventa una creatura (che potrebbe trovare posto anche nell’immaginario fantasy) metà donna e metà barbagianni, abbandonata – da chissà chi – neonata nella casa di una vedova, e da questa cresciuta.
Una volta adulta, si pone come missione l’uccisione di Hernan Cortés, il conquistador spagnolo che annientò la civiltà azteca, e con essa la figura del dio Quetzalcoatl, il serpente piumato che la Strige considera fratello di penne e di sangue. Sulla trama non aggiungiamo altro, per non rovinare il gusto di scoprire che cosa succederà e le scorribande nel tempo e nella Storia tra le quali il poema si snoda. L’ampiezza e la profondità della cultura di Dario Rivarossa gli consentono di disseminare il poema di numerosi riferimenti – oltre che storici – letterari, mitologici, filosofici, scientifici, o legati alla cultura pop del XX secolo. Un linguaggio ricco, musicale, che riesce a coniugare ironia e potenza epica, con cambiamenti di ritmo e registro gustosi e sorprendenti, come un pezzo di jazz dal tempo sincopato.