di Piervittorio Formichetti
Il filosofo Vincenzo Cuoco (1770-1823), autore del Saggio sulla rivoluzione napoletana del 1799 e successivamente consigliere del re napoleonico Gioachino Murat, scrisse per quest’ultimo il Rapporto e progetto di decreto per l’organizzazione della pubblica istruzione nel Regno di Napoli. Con quest’opera, Cuoco si occupò dunque dell’educazione di gran parte del popolo italiano, dal punto di vista sia individuale sia sociale, basandosi su riflessioni e intuizioni molto attuali (alcune delle quali appaiono affini anche a elaborazioni culturali e filosofiche non italiane e non coeve): l’esigenza di un migliore rapporto personale tra vita e cultura; l’imprescindibilità del legame tra decisioni politiche, istanze etiche, psicologia umana e leggi della natura; il rapporto di reciproca influenza tra il livello di educazione del popolo e le decisioni politiche prese da esso e nei suoi confronti; la necessità della partecipazione del popolo alle decisioni riguardanti la società, ma senza concepire il popolo come infallibilmente dotato di tutte le attitudini necessarie a tale compito, perché in esso vi sono sia istanze legittime, sia pregiudizi ed errori; il sapere come risultato dell’interazione tra le differenti scienze o discipline; l’auspicio di un rapporto più stretto e collaborativo fra teoria (“scienza”) e pratica (“arte”) nelle scuole; il ruolo fondamentale delle emozioni nel processo di apprendimento e il modo di istruire gli studenti secondo la loro età; la lucida consapevolezza del fatto che, quindi, possono essere relativi i metodi d’insegnamento e di istruzione ma non la verità dei fatti e dei princìpi insegnati e appresi.
L’articolo completo è disponibile sul numero 2 (2020) di “Riscontri”