Wallace tra Freud, Hoffmann e Wittgenstein. La coesistenza di discorsi della certezza e qualità del perturbante in “All That”

di Mirko Mondillo

Con approccio comparatistico e multidisciplinare, si propone di All That, una delle ultime short stories di Wallace, una lettura che afferisce, condensandoli, a tre campi di studio differenti: quello della filosofia del linguaggio, quello estetico, quello letterario. Nell’esposizione retrospettiva da parte del narratore di alcuni episodi della propria giovinezza e negli atteggiamenti tenuti dai suoi genitori sono state individuate dinamiche sociali e modalità espressive che si accorderebbero con quanto analizzato da Wittgenstein in Della certezza. Muovendo dagli assunti wittgensteiniani, secondo i quali la relazione umana col mondo non sarebbe posta in termini di conoscenza totale e il crollo delle sicurezze originerebbe un riflesso perturbante della realtà, è stata indagata in relazione ad alcuni casi presenti in All That la categoria estetico-psicologica al centro del saggio di Freud Il perturbante. Applicando ad All That le condizioni di realizzazione che Freud riconosce come presupposti essenziali del perturbante è stata individuata nello scritto wallaciano l’insistenza della suddetta categoria, che però presenta, per un depotenziamento che interessa il collegamento all’originaria oscurità freudiana, qualità ed effetti diversi. Infine, per meglio chiarire il rapporto che intercorre in All That tra i discorsi wittgensteiniani della certezza e la declinazione wallaciana del perturbante si propone, per somiglianze d’ordine tematico e narrativo, un breve confronto comparatistico tra passi tratti dalla short story oggetto d’analisi e il racconto Der Sandmann di Hoffmann (usato anche da Freud nel suo saggio).

L’articolo completo è disponibile sul numero 2 (2019) di “Riscontri”

La rivista è distribuita nelle librerie fisiche e in quelle online

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Mirko Mondillo è dottorando in Letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Siena. Il suo progetto di ricerca si concentra sull’interazione tra la scrittura saggistica e i modi autobiografici, biografici e diaristici e le loro diverse declinazioni (autofiction, biofiction, diario narrativo) nella letteratura italiana a partire dalla metà degli anni Novanta. Ha scritto articoli su Walter Siti, John Maxwell Coetzee ed Erskine Caldwell e partecipato a conferenze in cui ha discusso del corpo nella narrativa di Walter Siti (Zurigo 2019), del rapporto povertà ambientale/povertà spirituale in Erskine Caldwell (Assisi 2018), della relazione tra la filosofia del linguaggio di Ludwig Wittgenstein e il perturbante di Sigmund Freud in David Foster Wallace (Pescara 2018) e degli sviluppi contemporanei del perturbante nella narrativa statunitense (Perugia 2016). È membro dell’Associazione Italiana di Studi Nord-Americani (AISNA) e dell’Advisory Board del journal JamIt!.

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