TOPOGRAFIA FIORENTINA NELLA DIVINA COMMEDIA

di Guido Tossani

Dante, seppur esiliato, ha sempre pensato e rammentato Firenze nella Divina Commedia, dando testimonianza della città che aveva conosciuto e vissuto, attingendo alla malinconia della sua memoria e allo sdegno della sua passione politica. Dall’inizio dell’esilio cominciò in Dante la rielaborazione di Firenze come memoria: Firenze divenne il ricordo di Firenze. Fu una memoria duplice, che si soffermò su due Firenze successive e diverse: la Firenze di Cacciaguida e la Firenze propriamente dantesca, alla fine del tredicesimo secolo. Nessuna delle due città fu mai effettivamente osservata dal poeta, la prima perché apparteneva al passato predantesco, anche se persisteva nella sua continuità materiale, fatta di palazzi, ponti, chiese; la seconda perché andava costituendosi nei suoi tratti più caratteristici proprio quando Dante lasciò la città per l’ambasceria romana e l’esilio che ne seguì. Nell’un caso o nell’altro tutte le citazioni, visioni e descrizioni fiorentine, contenute nella Commedia, sono state elaborate durante l’esilio: non sono osservazioni in tempo reale, ma ricordi e dal ricordo traggono il pathos che, legandosi alle vicende personali del poeta, le rende ora nostalgiche, ora sdegnose, ora dolenti. La topografia fiorentina è ricavata dalla memoria ed è in funzione dei pochi cenni autobiografici che il poeta inserisce nella sua opera; tale autobiografia, d’altra parte, illumina sempre  certi momenti di particolare significato religioso e morale, il racconto dei quali non ha il fine di appagare la curiosità dei lettori fornendo loro notizie di carattere personale, ma di testimoniare quella che Benedetto Croce chiamava “un sentimento del mondo, fondato sopra una ferma fede, un sicuro giudizio e animato da una robusta volontà”.

L’articolo completo è disponibile sul numero 1 (2019) di “Riscontri”

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Ibs

Guido Tossani è nato a Firenze nel 1981. È attualmente docente di Lettere nella scuola secondaria. Ha insegnato al Centro di Cultura per Stranieri dell’Università di Firenze. Ha curato le riedizioni di Osiride, raccolta di sonetti del triestino Giuseppe Revere (1812-1889), e degli Eroi della soffitta, poema del siciliano Giuseppe Aurelio Costanzo (1843-1913). È, inoltre, autore di una Introduzione allo studio del Decameron. Per il Terebinto Edizioni ha curato la riedizione de I Canti del povero di Parzanese.

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