di Antonietta Buonauro e Valentina Domenici
La crisi sanitaria legata alla pandemia del virus “Covid-19” è la prima, per impatto sociale, economico e politico a livello globale, ad avvenire ai tempi dei media digitali partecipativi. Ciò fa sì che il fenomeno non sia solo seguito dai classici mezzi di informazione, ma si riverberi anche attraverso i social media e nella sfera pubblica digitale suscitando reazioni, dibattiti, interpretazioni. Questo aspetto suggerisce alcune riflessioni sul modo in cui i media partecipativi stanno operando la mediazione di un fenomeno di tale portata, sia attraverso la costruzione di immaginari, sia modulando l’intensità con cui l’evento viene percepito. Trattandosi di un evento inatteso e traumatico, il suo impatto a livello mediatico è stato molto forte, al pari delle attività di ricerca di informazioni. Non è un caso che sia stato recuperato il termine “infodemia”, che fa riferimento alla circolazione di una quantità eccessiva di informazioni e dati che rendono arduo informarsi, facendo leva sull’emotività dei destinatari. L’infodemia sta mostrando l’importanza di un’alfabetizzazione digitale di massa su scala globale, mentre la crescente intolleranza nell’opinione pubblica verso le fake news sta mettendo in crisi il discorso politico di stampo populista apparso dominante nel mondo occidentale nell’ultimo decennio.
Di fronte alla crisi che gli Stati si sono trovati a fronteggiare, anche le aziende hanno dovuto rivedere le proprie strategie comunicative, ponendosi nell’ottica di una collaborazione in partnership con i governi e al servizio della comunità globale. La virata in questo senso è stata evidente e quelle aziende che si sono mostrate ancorate alle logiche di profitto e ai modelli culturali precedenti l’emergenza ne hanno pagato le conseguenze in termini di vendite. Ne sono derivate innovazioni che molto probabilmente lasceranno il segno anche nel mondo post emergenziale: dalla conversione repentina di tutti i settori lavorativi allo smart working, alla crescita del mondo del delivery e dell’e-commerce, dai meeting professionali in videoconferenza alla didattica a distanza per tutti i livelli della formazione, ai concerti campioni di incassi sulle piattaforme virtuali. L’accelerazione verso pratiche di sharing economy e di economia digitale consente di compiere riflessioni significative sulle prospettive future del mondo contemporaneo che il realizzarsi del cosiddetto smart living consentirà una volta usciti dalla cornice emergenziale.
L’articolo completo è disponibile sul numero 2 (2020) di “Riscontri”
Antonietta Buonauro
Laureata in studi sul cinema e gli audiovisivi, ha conseguito un dottorato di ricerca nello stesso campo disciplinare e successivamente l’abilitazione nazionale in seconda fascia. Nelle sue ricerche si è occupata principalmente di studi culturali e studi di genere applicati al cinema e agli audiovisivi, con un interesse particolare per la rappresentazione mediatica e cinematografica dei traumi collettivi dell’epoca postmoderna. Tra le sue pubblicazioni: Trauma, cinema e media. Immaginari catastrofici e cultura visuale del nuovo millennio (2014), All women want love. Il desiderio femminile e la decostruzione del romance nel cinema di Jane Campion (2015), Geografia e cultura visuale (in corso di pubblicazione).
Valentina Domenici
È ricercatrice di cinema presso l’Università degli Studi Roma Tre. Ha pubblicato articoli in riviste e libri collettanei, concentrandosi sul cinema francese contemporaneo e gli Studi Postcoloniali, le narrazioni e seriali e il cinema contemporaneo nel contesto della globalizzazione e delle forme attuali del razzismo. È stata docente a contratto presso l’Università Evry Val d’Essonne ed è autrice di monografie, tra cui Dentro e fuori il margine. La diversità culturale nel cinema francese contemporaneo, Bulzoni, 2013; All women want love. Il desiderio femminile e la decostruzione del romance nel cinema di Jane Campion, (con A. Buonauro), Armando, 2015.