Emanuele Esposito e la Rivoluzione della Giustizia Riparativa



Intervista a cura di Gianluca Amatucci

Come nasce il suo lavoro dal titolo “CONFLITTO & SOCIETÀ”?

Il lavoro rappresenta un ulteriore contributo scientifico che trae origine da anni di analisi, studi, ricerche e sperimentazioni nel settore del probetion e della mediazione penale minorile, prassi operativa che è stata poi presa a modello nel procedimento ordinario. Sono state prese come riferimento legislazioni comparate in ambito europeo ed extra e modelli di intervento collaudati.

Quando lei parla di modello laico di Giustizia Riparativa occorre spiegare in maniera semplice anche ai lettori a cosa si riferisce.

Modello laico significa essenzialmente sganciare il concetto di riparazione dal sistema di giustizia formale, restituendo alle parti (vittima e carnefice) il reale potere di risolvere il conflitto attraverso una reale rielaborazione, senza condizionamenti di sorta e lontani da tentazioni valutative. Per questo il modello laico e più autentico è dato dalle espressioni del volontariato comunitario c.d. programmi indipendenti a cui le parti in conflitto si rivolgono a prescindere dagli obblighi giudiziari, formula tecnicamente definita diversion.

Oggi si parla tanto di giustizia e diritto per vari motivi, anche con qualche polemica. Cosa andrebbe riformato con urgenza, secondo lei, nel nostro ordinamento giuridico?

Il nostro Ordinamento Giudiziario è un modello all’avanguardia e in questo settore siamo stati sempre credibili sul piano della civiltà giuridica. Certo va mantenuto l’esistente con alcune migliorie strutturali sul piano dell’esecuzione penale, ma va centrata soprattutto l’attenzione sui concetti di giustizia non come vendetta ma quale riconoscimento dei giusti diritti delle parti, soprattutto delle vittime spesso dimenticate e abbandonate a se stesse.

Il suo testo ha lo scopo di fornire una visione d’insieme per ciò che concerne la fenomenologia della Giustizia Riparativa e le potenzialità che dall’esercizio della stessa ne derivano. Dove si può oggi migliorare?

Si può migliorare se si educa ad una nuova visione delle disfunzioni sociali e relazionali attivando processi educativi contro ogni forma di discriminazione e intolleranza, specialmente di genere.

In un giudizio le vittime spesso passano in secondo piano rispetto all’attenzione anche mediatica. Cosa ne pensa?

Questa purtroppo è un’amara verità dove anche noi studiosi dobbiamo fare dei mea culpa, poiché per anni abbiamo concentrato la nostra attenzione sugli autori di reato e poco abbiamo investito sulle vittime. Quando negli anni ’90 parlavo di mediazione e riparazione venivo visto come un alieno, uno fuori dal mondo, il tempo ha dimostrato l’esatto contrario. Il reato rappresenta la rottura di un patto sociale tra due o più persone (vittima e carnefice) in realtà la rottura è triadica in quanto coglie anche le comunità. Grazie alla vittimologia si recupera un senso diverso del conflitto sociale e si recupera una dimensione etica che tiene conto soprattutto della sofferenza che non trova spazio emozionale nelle aule di giustizia, ma solo attraverso percorsi gi giustizia riparativa.

Lei è Criminologo Clinico e Pedagogista: dalle sue esperienze sicuramente è nato anche un percorso formativo di pensiero…

Il nostro è un paese straordinario e pionieristico dal punto di vista delle progettualità sociali, ovviamente i singoli territori ne rappresentano la differenza, quelli più acuti e attenti specialmente al nord Italia hanno saputo attivare dei buoni welfare, in altri territori prevale la logica dell’assistenzialismo con la conseguente paralisi dei servizi sociali legati non all’esigenze della comunità ma ad altre logiche di gestione.

In tema di devianze uno Stato come dovrebbe oggi intervenire, considerando soprattutto i “mali” che affliggono i più giovani?

Gli studi e le competenze professionali non sono strumenti da tenere custoditi gelosamente ma divulgati gratuitamente per attivare esperienze.

La sua esperienza con la casa editrice “Il Terebinto”?

Mi lega ad Ettore Barra innanzitutto un’amicizia personale, a prescindere, però ho avuto modo di apprezzare il suo essere imprenditore in maniera seria e onesta. È stato per me un piacere questo incontro e collaborazione.