Binario 77, che Luisa Caridi ha pubblicato per L’Erudita Edizioni nel febbraio di quest’anno, è uno di quei libri che raccontano, tutti insieme e senza scinderli mai del tutto, tempi, luoghi, persone, emozioni. Parliamone con l’autrice.
BINARIO 77
di Luisa Caridi
- Luisa, nel tuo romanzo ripercorri gli ultimi quarant’anni di storia Italiana a partire dal Settantasette, spartiacque drammatico che è emblematicamente anche l’anno di nascita dei tuoi protagonisti: Elena e Andrea, due compagni di scuola che si reincontrano solo oggi in età adulta, dopo lunga lontananza ed assenza. Per scoprire che gli eventi susseguitisi lungo i decenni hanno marcato le loro scelte ed i loro destini. È proprio vero, allora, che quello che accade intorno a noi nella nostra vita determina così fortemente quello che siamo e che diventeremo? Anche tu ti senti così?
Certamente penso che la storia collettiva influenzi marcatamente i destini individuali. Nessun uomo può prescindere dal contesto in cui vive e opera. È chiaro, ad esempio, che nascere nel Medioevo o nell’Illuminismo determini una diversa percezione della vita e del mondo e induca l’uomo a riconoscersi in ideali diversi. Allo stesso modo, gli eventi che si sono susseguiti dal Settantasette a oggi a livello globale hanno segnato, a mio avviso, una profonda crisi di identità che si ripercuote nelle nostre vite e nelle nostre scelte politiche.
- C’è una tua pagina che mi ha molto colpito: quella in cui, riferendoti all’alba degli anni Novanta con i suoi orizzonti di distensione, parli di “nuovi fuochi fatui”, e poi subito dopo citi Papa Francesco e le sue tesi di “globalizzazione dell’indifferenza”. È stato tutto inutile allora? Le grandi ideologie, gli ideali che avrebbero cambiato il mondo… fuochi fatui anche quelli? Nulla che valga la pena ricordare, se non errori, strade sbagliate in partenza?
Francamente non credo che le ideologie siano tramontate, vanno semmai ripensate in rapporto agli scenari attuali. Senza gli ideali la vita non avrebbe senso e determinerebbe un ripiegamento nel dolore o nell’indifferenza. Nel dolore di chi sente fortemente l’ingiustizia e la disparità o nell’indifferenza di chi sceglie di guardare il mondo con impotente distacco e mera rassegnazione. Ho l’impressione che gli uomini del nostro tempo da un lato siano indifferenti, ma dall’altro cerchino disperatamente nuove idee a cui aggrapparsi. Il problema è che si tende ad attendere una sorta di Messia che tarda ad arrivare, un novello Godot che forse non arriverà mai.
- Parliamo dei luoghi del tuo romanzo. Roma anzitutto, bella e sfrontata come sempre: negli scenari da vip di Piazza di Spagna, come in quelli alternativi e turbolenti del Pigneto. Ma anche la tua Calabria, Praga, Berlino… a comporre un mutevole, articolato palcoscenico nel quale ognuno di essi rimanda ad una sua specifica essenza, al suo speciale contributo dato in quel particolare momento storico… ci credi tu, all’anima dei luoghi? Come si manifesta, secondo te?
Credo moltissimo nell’anima dei luoghi, in fondo il mio libro vuole essere un viaggio nello spazio e nel tempo. I luoghi per me sono espressione dell’anima degli uomini, è come se una parte di noi restasse nelle strade che abbiamo percorso, nei posti in cui abbiamo vissuto. Gli stessi edifici rinviano a un preciso modo di percepire la vita e il mondo. Di conseguenza, se io entro in una cattedrale gotica avvertirò il mio essere piccola di fronte a Dio, a Time Square avvertirò il mio essere piccola di fronte al Potere. Nel primo caso penserò al dio dello spirito, nel secondo caso al dio del denaro.
- La tua narrazione della recente storia d’Italia si sofferma spesso e giustamente sui temi della corruzione e delle infiltrazioni mafiose nella politica: al di là della obiettiva, cruciale rilevanza della questione, qual è la tua personale prospettiva sul problema? Te lo chiedo anche da meridionale a meridionale, e perché ti so impegnata sul fronte dello sviluppo del territorio… o è un problema che riguarda l’Italia tutta, indistintamente?
Quando ero ragazzina pensavo che la mafia fosse un problema localizzato, i media veicolavano un messaggio preciso che tendeva a circoscrivere il fenomeno. Oggi è sotto gli occhi di tutti che la corruzione e le infiltrazioni mafiose interessino territori ampi e intercontinentali. In sostanza, non si può più parlare di mafie secondo un’immagine stereotipata e avulsa dalla realtà, le mafie si manifestano in forme e modi diversi che hanno come comune denominatore la brutalità e l’arroganza. Francamente non so se la mafia verrà mai sconfitta, tendo a pensare che si trasformerà e assumerà nuove sembianze. Voglio tuttavia essere ottimista e, come Falcone, credere che “la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.
- In basso in copertina, sotto ad una foto di Berlino, sono riportate queste due frasi un po’ criptiche, che poi all’interno del testo non ritroveremo: “Una e la stessa è la via all’insù e all’ingiù” e “Doppio binario. Caos e Cosmos. Il sole è nuovo ogni giorno”. Si intuisce che potrebbero essere una importante chiave di lettura della vicenda, o forse una sorta di messaggio in codice al potenziale lettore con il libro sotto gli occhi o tra le mani. Ce le spieghi meglio?
“Una e la stessa è la via all’insù e all’ingiù” è una frase di Eraclito che, a mio avviso, rinvia alla circolarità dell’esistenza, alla coincidenza degli opposti senza i quali sarebbe impossibile il fluire della storia umana e individuale. Tutto è soggetto al tempo e destinato a mutarsi nel proprio opposto. In tal senso, i doppi binari sono illusori e il Caos e il Cosmos sono alla base del ciclico rinnovamento dell’universo che fa sì che il sole sia nuovo ogni giorno.
- In conclusione, quanto c’è della Elena e dell’Andrea di ieri e di oggi, in ognuno di noi loro coetanei, o anche – come nel mio caso – con qualche ulteriore anno in più sulle spalle? E quanto c’è di loro invece nei giovani di oggi? Grazie del tuo tempo, e di aver parlato con noi, e in bocca al lupo per la promozione di questo tuo lavoro in questo periodo più complicato del solito.
Se ci riferiamo ai trentenni di oggi, credo che siano profondamente disillusi; quanto agli Elena e Andrea più maturi, ritengo che rifuggano dalla politica urlata, povera di contenuti e idee, e auspichino un recupero del senso delle istituzioni. I giovani, infine, pagano lo scotto di non avere dei modelli da seguire ma sognano ancora, e questo fa ben sperare. Pensiamo ad esempio a tutti gli adolescenti che si sono riconosciuti nel movimento ambientalista di Greta Thumberg, sono giovani che ancora oggi sentono il bisogno di lottare per qualcosa di giusto, in questo caso la salvaguardia della natura. E forse è proprio dalla natura che noi tutti, giovani e meno giovani, dovremmo ripartire se vogliamo un cambiamento reale del sistema economico e dell’agire umano.
Con questo augurio, ringrazio di cuore te e tutta la redazione della rivista “Riscontri” per il tempo e lo spazio che mi avete dedicato.
a cura di Carlo Crescitelli