Dall’Ucraina all’Irpinia, tra sconfitte e rivalse

Alfonso Sturchio ci racconta il suo ultimo romanzo

Il Ministro di Alfonso Sturchio (Amazon KDP 2019) è uno di quei romanzi particolarmente originali che portano il lettore in contemporanea sintonia con differenti e distinti mondi emotivi. Proviamo a passarne in rassegna alcuni, parlandone direttamente con il suo autore.

Innanzitutto grazie, Alfonso, di aver acconsentito a incontrare noi di Riscontri per queste due chiacchiere sul tuo libro: e siccome abbiamo già detto che va a toccare ambiti piuttosto diversi, tu, tanto per incominciare, in quale genere lo classificheresti per noi?

L’ambientazione giudiziaria di alcune parti del romanzo porterebbe a classificarlo essenzialmente come un legal thriller, anche se nel libro si intrecciano diverse storie che esulano dal mondo politico o giudiziario. Si racconta infatti l’evoluzione dei personaggi principali verso la maturazione e l’età adulta, temi tipici del romanzo di formazione. Insomma, è rimasta la struttura di un legal thriller ma non ho resistito alla tentazione di approfondire le frustrazioni e le aspirazioni dei protagonisti.

Tipologie umane e vicende in grado di calamitare sensibilità anche lontane tra loro ne troviamo davvero molte tra le tue pagine: c’è la donna straniera vessata e umiliata in cerca di sacrosanta rivalsa, c’è il politico potente e arrogante che vuole forzare il destino, c’è l’avvocato sfiduciato e depresso che pian piano ritrova nell’umana solidarietà le proprie intime motivazioni, c’è il territorio irpino remoto e affascinante nel suo isolamento, c’è sullo sfondo un paese lontano, l’Ucraina di qualche anno fa, in drammatico fermento, allora come purtroppo di nuovo oggi. Alcuni di questi immaginari risalgono di certo alla tua esperienza personale e professionale: così come altri vi vanno probabilmente ricondotti, ed è proprio di uno di questi ultimi che andiamo subito a incuriosirci. Mi riferisco all’Ucraina, tornata da poco al centro del nostro ansioso interesse: da come la racconti, si direbbe che la conosci molto bene, paese e persone. Ci sei stato?

Sono stato in tutti i luoghi descritti nel romanzo, tranne che in Ucraina. Il mio viaggio verso l’Est Europa si è fermato a qualche centinaio di chilometri dal suo confine, in Ungheria. Per questo, se è stato piuttosto semplice descrivere posti che conosco bene come Napoli o i palazzi della politica romana, prima di scrivere le parti del libro ambientate a Kiev ho dovuto fare molte ricerche. Sui luoghi fisici, come le strade o le piazze, ma anche sull’Euromaidan, sulle forze speciali dell’esercito ucraino, sui cibi e finanche sui trasporti ferroviari del paese. Non avrei sopportato delle citazioni sbagliate nel mio romanzo, come non sopporto gli errori procedurali che vedo in molte nostre fiction quando cercano di portare in scena un processo penale. Ora che, a distanza di otto anni, le immagini di Kiev o Leopoli vengono trasmesse quotidianamente sui media a causa del conflitto con la Russia, ritrovo le stesse strade e le stesse piazze dove ho ambientato parte del mio romanzo e mi sembra quasi di esserci stato.

Tu sei un avvocato penalista proprio come il tuo protagonista: che è spietato ogni volta che è costretto a prendere atto del degrado del suo mondo ma anche possibilista e ottimista nel suo dare sempre e comunque una forte valenza etica al proprio ruolo professionale. Tu invece come la vedi la realtà dell’aula giudiziaria e del vostro complicato lavoro?

La realtà dei nostri tribunali è molto diversa da quella che viene percepita dall’esterno. Il romanzo si apre proprio con lo sfogo del protagonista che cinicamente descrive le falle del sistema giudiziario e i modi per avvantaggiarsene. Probabilmente anni di serie TV americane hanno fatto pensare al processo penale come sorretto dalle unità aristoteliche di tempo, di luogo e d’azione. Non è così. In realtà il nostro processo è scandito da fasi e udienze distanti anche mesi l’una dall’altra, con testimoni che accusano i malanni più impensabili per non presentarsi in aula, giudici che vengono sostituiti, rinvii per i motivi più disparati e accadimenti vari che lasciano sempre un punto interrogativo sulla sua conclusione. Il luogo comune sulla interminabile durata dei nostri processi non è del tutto infondato. Altre complicazioni derivano dalle migliaia di fascicoli che affollano le corti territoriali e che ti fanno legittimamente dubitare che il giudice dedicherà più di qualche minuto alle tue istanze. Per le altre migliaia di cause che affollano la Corte di Cassazione hanno creato una sezione filtro che rende il processo una specie di Squid Game. Insomma, la giustizia terrena è complicata ma non impossibile da raggiungere. L’ausilio di un buon avvocato è evidentemente fondamentale e questo rende la giustizia, da noi come altrove, diseguale. Chi può permettersi un supporto tecnico di buon livello è sicuramente avvantaggiato.

-E l’Irpinia di Alfonso Sturchio, quanto e dove è ancorata alla realtà e quanto invece volutamente trasfigurata all’interno del sogno letterario?

Come tu stesso hai detto, il nostro territorio è descritto come remoto e affascinante nel suo isolamento. Nel libro emerge ancora di più la differenza dell’Irpinia rispetto alle città in cui si svolge gran parte del romanzo: Napoli, Roma, Vienna o Kiev. È normale che sia così. Non ho dovuto ricamare molto sulle montagne che circondano le strade percorse dai protagonisti, sull’asprezza del clima e sulla sensazione di isolamento che accomuna i territori dell’entroterra. Non a caso l’Irpinia viene individuata da uno dei personaggi come il rifugio ideale per sfuggire agli uomini del ministro e non a caso viene percepita come rifugio da molti dei suoi abitanti anche nella realtà.

L’ottimo impatto registrato dal tuo Il Ministro presso i lettori e la critica è seguito ad un precedente tuo importante successo di autore: il piazzamento in finale, con il tuo primo, precedente romanzo, al prestigioso concorso nazionale Il mio esordio di Feltrinelli/IlMioLibro. Cosa c’è adesso dietro l’angolo per la tua scrittura, a cosa stai lavorando ora?

I recenti sviluppi in Ucraina hanno reso Il Ministro una specie di prequel dell’odierno conflitto con i russi. Il romanzo è infatti ambientato durante la rivoluzione di Maidan del febbraio 2014. Potrei pensare di scrivere il seguito, ambientando il nuovo romanzo durante la guerra del 2022, magari con gli stessi protagonisti che si ritrovano. Potrebbe essere un’idea.

Grazie Alfonso, di aver parlato con noi, e in bocca al lupo per tutto!

Grazie a te. Alla prossima.

(intervista a cura di Carlo Crescitelli)