E. Nucciarelli, Lo squisito dolore, Midgard, 2021, pp. 118, € 12.00
Il libro è una inconsueta estetica laica del dolore, che inquadra la dimensione della sofferenza umana ricorrendo a un eclettico percorso multidisciplinare di filosofia, psicologia, letteratura, storia dell’arte, cinema, pedagogia, psicoterapia, psicoanalisi, in un inedito compendio di pensiero e di civiltà dell’uomo. L’obiettivo è riconoscere e identificare il dolore nelle sue innumerevoli manifestazioni. Ma non solo per allontanarlo e sconfiggerlo. Il messaggio è un invito a tentare un’indagine del ruolo nascosto del nostro dover soffrire all’interno della possibile ratio che noi stessi possiamo provare a dare agli eventi: decifrarne a nostro vantaggio le inintellegibili logiche, e utilizzarle per superare l’ostacolo talora soltanto illusorio che la nostra fase contingente di sofferenza personale rappresenta sulla via teorica alla conquista della nostra felicità. Partendo da questi presupposti, normale e conseguente come soluzione veloce e scontata non ci venga proposta. Perché la soluzione non sta nel rimuovere ma nel condividere: calarci empaticamente nella vita vera, farci consapevoli e perciò migliori. È appunto in tal senso che il dolore diventa “squisito”: nel momento in cui ci eleva alla partecipazione del valore autentico che noi stessi possiamo dare alla nostra presenza nel mondo. Non a caso il saggio presenta, nel suo frontespizio, il sottotitolo “Una prospettiva filantropica”. Ulteriore puntuale locuzione che va a mettere bene il punto su una bella idea di lettura militante. Quella che vuole sortire l’effetto di cambiare nel profondo lettori e lettrici: facendone attori, verso se stessi e verso il prossimo, di una missione facilitatrice. Ponendoci nella condizione di perseguire il raggiungimento dei nostri interni equilibri, in una sorta di ascolto di ciò che il mondo davvero ci dice al di là di quello che avremmo voluto ascoltare. In un dialogo che diventa inquietante e duro, come tutti gli insegnamenti più veri; ma anche salvifico come tutte le strade più ardue.
Carlo Crescitelli è nato ad Avellino, Irpinia, dove oggi vive, e va oramai per i sessanta. Gli piacciono: la musica rock e la world music, il cinema, i viaggi al freddo e alla pioggia, la letteratura fantascientifica, fantastica e misteriosa in genere. Ma non solo queste cose, e non necessariamente in questo ordine. Un’altra cosa che gli piace è scrivere storie: ma forse ancor più gli piace leggerle e raccontarle. È per questo che voi lo leggete qui, e che possiede tutti i romanzi di Emilio Salgari, e continua a mandare in giro il suo alter ego l’antiviaggiatore quando può.
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