Chiacchierando col libro di storia. Daniele Coppa, ovvero il passato che non ti immagini

Nel grembo degli dei. Quando gli uomini parlavano con le divinità di Daniele Coppa (Europa Edizioni 2019) – opera fra le segnalate per particolare interesse al nostro concluso concorso “Un libro in vetrina” – è uno di quei felici esempi di come si possa fare dell’ottima divulgazione storica appassionando e divertendo. Abbiamo approfittato della disponibilità dell’autore a parlarne con noi.

Nel grembo degli dei

di Daniele Coppa

  • Daniele: uomini e dèi che si sfidano a vicenda in improbabili eppur plausibili retroscena della verità e verosimiglianza storica, in un calderone ribollente di emozioni e di azione… ma come ti è venuto in mente di rimescolare e riscodellarci in maniera così eclettica e geniale le polverose pagine dei nostri libri di storia?

Sono gli uomini che hanno bisogno degli dèi per dare un senso alla loro esistenza o sono gli dèi che hanno creato gli uomini per dare un senso alla loro di esistenza? Chi è funzionale a chi? Se proprio vogliamo dire come mi è venuto in mente, diciamo che son partito proprio da queste domande. Io sono ateo e naturalmente la mia non può essere che una risposta laica. Così mi sono un poco divertito a scombussolare i ruoli. Nel primo dei miei quattro racconti (tratto dall’Iliade) metto a confronto Elena e Afrodite; Elena: regina di Sparta si comporta come una dea: algida, lineare e insondabile, ingessata nel suo ruolo di regina superiore a tutti gli uomini. Mentre la sua amica-nemica Afrodite è istintiva, volubile e caotica, come lo sono un poco tutte le donne, insomma la più “terrestre” delle due. Nel secondo racconto invece parlo del faraone Amenofi IV, personaggio realmente esistito che mi ha affascinato e da cui ho attinto molto dalla Storia. Amenofi fu un faraone “eretico”. Durante il suo regno tentò di edificare una “città senza Dio”, dove ognuno era libero di credere in ciò che voleva. Per questo entrò in conflitto con la potente casta sacerdotale e gli dèi loro alleati. Alla fine perse la sua battaglia e venne assassinato. La sua città distrutta e il suo nome addirittura cancellato dalla Storia. Io nel mio racconto gli concedo una piccola rivincita finale nei confronti degli dèi. Nel terzo parlo di un altro personaggio realmente esistito: Francesco Datini, un mercante di Prato del Trecento che nella sua vita accumulò una fortuna straordinaria. Io tramite il gruppo storico di cui faccio parte ho avuto modo di consultare l’archivio con tutte le sue lettere. Una cosa che ha colpito in queste sue lettere è il terrore, che poi è una sua vera ossessione, per il diavolo e la sua paura di finire all’inferno. Io il diavolo nel mio racconto glielo faccio incontrare per davvero e questi, come fa Virgilio con Dante, lo porta a visitare di nascosto il Paradiso. E lì Datini si accorge che il Paradiso non è poi quel posto meraviglioso che si crede e trova un sacco di gente della peggior specie che chissà come si sono intrufolati lì. Naturalmente mi riferisco a tutti quei “Santi” un poco sconvenienti elevati agli altari dalla Chiesa. Mentre nell’ultimo racconto ho cercato di rendere “umani” il Padre e il Figlio del Cristianesimo. Ecco! Come te lo immagini il Dio Padre? Quello della Bibbia per intenderci: il terribile Yahweh autoritario e vendicativo. Quello che impone la legge del taglione: “occhio per occhio, dente per dente” e distrugge intere città perché gli hanno disobbedito. E il figlio, invece? Quello dell’“ama il prossimo tuo come te stesso” e del “porgi l’altra guancia”. Come si conciliano nel Cristianesimo due personaggi così diversi? Ecco, io che ho vissuto quel periodo me li immagino in un conflitto generazionale degli anni ’70. Un padre all’antica e un figlio “hippy” che fugge di casa per scendere sulla terra all’insaputa del padre e predicare il “Peace and Love”. Stravolgendo così tutto quello che il Padre aveva imposto agli uomini fino a quel momento e creando così un grosso problema all’interno sua famiglia.

  • Non hai mai avuto paura di perderti nel tuo stesso magico mondo di calcolata invenzione?

Io credo che un poco tutti si costruiscono un magico mondo di calcolata invenzione nel quale finiscono inevitabilmente per perdersi. Anche chi non ha mai scritto un libro. E poi, visto da un laico, chi è più perso in un mondo di calcolata invenzione di un credente?

  • Parliamoci chiaro: il sacro e il profano, l’umano e il divino, alla fine nessuno li mischia del tutto davvero, perché tutti tengono sempre in qualche modo distinti i due piani. Non lo fa Omero, non lo fa Dante, non lo fa Manzoni. Tu invece… sì: e sei riuscito per giunta a mischiarci pure Omero, Dante e Manzoni! Facci capire come orientarci all’interno dei tuoi racconti, con quale spirito leggerli.

Accidenti che paragone… Omero (o chi per lui) è il più geniale di tutti, l’umano e il divino secondo me li mischia eccome. Qual è il senso dell’Iliade e dell’Odissea? Chi sono gli dèi e cosa vogliono dagli uomini? Chi è realmente Elena? Una ragazzina innamorata o una regina fredda e calcolatrice? Chi è Ulisse? Un grand’uomo o un’imbecille presuntuoso?

Queste cose Omero non le dice, semina solo indizi e suggestioni, e lascia il lettore libero di interpretarle come crede. La leggi cento volte e ti puoi fare cento idee diverse. Io l’Odissea la paragono al film capolavoro di Stanley Kubrik 2001 Odissea nello spazio. Anche in quel film si mischia il divino con l’umano lasciando spazio a chi guarda il film di interpretarlo come crede. Io credo che il termine “Odissea” Kubrik non l’abbia usato per caso. Dante invece devo ammettere che lo conosco poco, ho solo preso alcuni spunti dalla Divina Commedia. Manzoni invece è molto “terrestre”. Il suo libro si legge attraverso i suoi personaggi che lui è bravissimo nel caratterizzare. Io non ho nulla da spartire a questi giganti. Io scrivo “di getto”, alla maniera degli scrittori della Beat Generation. Scrivo perché mi diverto a farlo, non rifletto molto su quello che scrivo. Anche chi legge forse non deve riflettere molto su quello che scrivo. Non ho messaggi da lanciare, non ho “l’attrezzatura” necessaria. Mi basta che quelli che leggono si divertano un poco.

  • Tu sei uno storico di professione, Daniele?

No. I miei studi sono stati di carattere scientifico. Ai tempi della scuola io addirittura la Storia la odiavo. La Storia che mi insegnavano era un insieme di nozioni, di date e di “congressi”, “Prammatiche Sanzioni”, “Magne Charte” e così via raccontati con un linguaggio “accademico”, tutto condito di retorica religiosa o patriottarda per cui i personaggi dovevano essere dei giganti o dei dementi. Ho imparato ad amare la Storia piuttosto tardi, intorno ai trent’anni quando ho scoperto che esiste un altro modo di leggere la Storia: quello di leggerla come fosse un romanzo. Un romanzo caotico fatto di personaggi contraddittori. Caotici e contraddittori come lo siamo tutti noi, perché la Storia è fatta di uomini e donne, non di documenti. Questo l’ho scoperto leggendo gli storici inglesi, come Beevor, Barlow o Mac Smith, i maestri nel raccontare la Storia in questo modo senza retorica… come se fosse un romanzo, scritto in una prosa comprensibile a tutti, anche a chi non è del “mestiere” e non ha fatto studi specifici. Io tutto questo l’ho trovato affascinante.

  • Sappiamo che scrivi anche per il teatro… e avremmo dovuto aspettarcelo, da come imposti e modelli i tuoi personaggi.

Più che per il teatro scrivo per il “Teatro Illustrato”. Non ho molti contatti con il mondo del teatro. Ho pubblicato un paio di libri e un altro è in cantiere. Collabora con me una ragazza molto brava nelle illustrazioni. Anche questo lo faccio perché mi diverte. Prendo dei personaggi storici e ne faccio una satira. Uno di questi testi è su Francesco Datini, tratto appunto dal racconto di questo libro. L’altro è su Bonifacio VII: il terribile papa prepotente, lussurioso e blasfemo, una figura che mette in imbarazzo anche la Chiesa. Il terzo invece che non è ancora uscito è ambientato nella Firenze dei Medici.

  • E sappiamo anche che sei un esperto di cucina… storica, naturalmente. Questa è una sorpresa da approfondire.

In realtà questo è il mio lavoro. Io mi occupo di tecnologie e materie prime alimentari. Occuparmi anche di Storia della cucina viene da sé. Così con gli amici del gruppo storico di cui faccio parte organizziamo anche delle “cene storiche” e conferenze sulla storia della cucina. Ho anche pubblicato un’Antistoria della Cucina. Un saggio semi-serio su tutte le leggende metropolitane e le bufale che vengono raccontate sulla cucina.

  • E allora, visto che l’appetito come si sa vien mangiando, cosa ci serviresti come antipasto del tuo Nel grembo degli dei, per “finitivamente” invogliarci a sedere alla tavola delle tue storie?

Diciamo qualcosa di “leggero”, da non prendere troppo sul serio. Pomodoro e mozzarella va bene?

  • Grazie del tuo tempo, complimenti e… buona degustazione a noi!

Grazie a voi.

a cura di Carlo Crescitelli

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