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Chevalier et heremite: due mondi culturali irriducibili nel Chevalier au barisel

L’anonimo racconto dal titolo Il Cavaliere del barilotto del XII secolo, scritto nella Francia settentrionale, è ascrivibile al genere narrativo dell’exemplum, in quanto mira a fornire un insegnamento pedagogico-morale. Narrare implica comunicare esperienze collegate sia nello spazio che nel tempo, possibilità aperte nell’oralità come nella scrittura: lo scopo principale dei racconti brevi non è solo commuovere ma soprattutto intrattenere il pubblico e le potenzialità narrative esplodono solo nel finale. I protagonisti della vicenda sono due: il primo è un cavaliere peccatore, misogino ed amante della carne anche quando dovrebbe astenersi per i divieti imposti dal cristianesimo durante la quaresima; il secondo è, invece, un vecchio e saggio eremita. L’incontro fra i due comporterà un radicale cambiamento nella vita del cavaliere, il quale, attraverso un iter catartico, arriverà a pentirsi delle proprie malefatte, divenendo pio. La prova centrale che il cavaliere deve superare per redimersi consiste nel riempire d’acqua un piccolo barilotto: dopo aver tentato innumerevoli volte invano, dopo un anno sopraggiunge l’unica possibile soluzione: un sincero pianto dell’uomo. Esistono quattro ms. francesi che tramandano tale racconto, più un brevissimo frammento inglese, conservato ad Oxford: in Italia esiste la cosiddetta filiazione toscana, edita da F. Zambrini, in cui la vicenda è leggermente modificata rispetto all’originale ma reca il medesimo messaggio edificante.Continua la lettura…

Pubblicato il 9 Marzo 2023

Play by Chat. Il gioco di ruolo come forma di scrittura collettiva

Partendo dalla definizione che Paul Benjamin Lowry dà di scrittura collettiva si può arrivare a dimostrare come essa venga utilizzata nel gioco di ruolo e, nello specifico, nel Play by Chat, che è un tipo di gioco di ruolo on line. Questi si possono sviluppare attraverso mail, forum e chat. Chiaramente, il Play by Chat – come s’intuisce dal nome stesso – si sviluppa prettamente attraverso chat.

Secondo la definizione di Lowry: «Scrittura collettiva è una forma di scrittura estremamente essenziale, un atto di gruppo in cui l’importante è continuare ad aumentare», e «continuare ad aumentare» è anche uno dei principi base del Play by Chat.

Dalle origini fino a oggi, il gioco di ruolo è strettamente legato alla narrazione, alla voglia di raccontare e scrivere collettivamente in un esercizio che accomuni passioni ed esperienze condivise.Continua la lettura…

Pubblicato il 9 Marzo 2023

Uber Pulga, il partigiano con la camicia nera

Nelle province di Mantova e di Reggio Emilia, l’ufficiale dei Bersaglieri Uber Pulga è ricordato sia come partigiano sia come fascista: perché? Il giornalista Alessandro Carlini, suo lontano parente, in Partigiano in camicia nera. La storia vera di Uber Pulga, ha ricostruito il dramma di un giovane patriota che, deluso dal Fascismo e vedendo l’Italia devastata dalla guerra, si mise contro la dittatura pagando con la vita. Nato nel 1919 a Ferrara, Pulga è un giovane entusiasta del Fascismo, in cui vede riflessi i suoi sentimenti patriottici. Nel 1944, un capitano delle SS lo incarica di fingersi un disertore della Wehrmacht, infiltrarsi tra i «banditi» della sua provincia e sabotarne le armi; in questa azione uccide un giovanissimo partigiano. Nel gennaio del 1945 è nominato sottotenente da Mussolini: Uber gli stringe la mano e proprio ora la sua coscienza si agita: «Ha seguito Mussolini fin lì, per cinque lunghi anni di guerra e di morte. Per ritrovarsi con l’Italia divisa e distrutta, lo straniero in casa, il rimorso dentro per la gente ammazzata. “A che cosa è servito?” si chiede. La testa è da un’altra parte, passa in rassegna i camerati morti in battaglia, i partigiani uccisi, i civili raccolti a pezzi dopo i bombardamenti». Decide così di passare davvero «dall’altra parte», ma indossando la camicia nera «per ricordarsi quello che è stato e che non vuole più essere». Mentre preleva alcune armi per i partigiani in un magazzino militare a Reggio Emilia, tre fascisti lo arrestano; interrogato da un comandante della Guardia Nazionale Repubblicana, nonostante le botte massacranti, non parla. Alcuni giorni dopo, un processo-farsa militare decreta la sua fucilazione per diserzione e arruolamento tra i «banditi». Il 24 febbraio 1945, davanti al plotone d’esecuzione, «la ventata di proiettili gli congela quell’ultimo “Viva l’Italia!” che tiene in corpo».Continua la lettura…

Pubblicato il 9 Marzo 2023
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