di Patrizia Nunnari
La grandezza della poesia leopardiana, fiera ma disincantata rispetto all’umana felicità, e la potenza del pensiero nietzscheano, libero dalle briglie dell’erudizione e del pessimismo, regalano altezze non comuni sulle quali sostare nella beata incompiutezza immaginativa. Si tratta, per gli autori, di un recupero nostalgico dell’antico legame greco di ragione e immaginazione, che teneva sempre insieme gli opposti : il ghiaccio con il fuoco, la pazienza con l’impazienza, l’impotenza con la somma potenza, il piccolissimo col grandissimo come la geometria e l’algebra insieme alla poesia.
Entrambi vedono il tutto governato da un perenne avvicendarsi di produzione e distruzione, ma la ricaduta di tale visione sullo spirito esistenziale individuale li allontana notevolmente. Pur mirando titanicamente il deserto della vita, Leopardi rimane lontano dalla profonda simpatia verso l’orrendo e il problematico; di contro Zarathustra si espone ad essi senza esitazione, mostrando il volto più solitario e potente.
L’articolo completo è disponibile sul numero 1- 2018 di “Riscontri”
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Patrizia Nunnari, docente di ruolo di filosofia e storia nei Licei, pedagogista, formatrice e studiosa di filosofia, è nata a Roma il 17/04/1968. Laureata in Filosofia e in Pedagogia, ha collaborato numerosi anni con la prof.ssa Francesca Brezzi presso le cattedre di filosofia teoretica e morale di Roma Tre e nella ricerca soprattutto estetica, con il prof. Vittorio Stella. Pubblica da decenni articoli e saggi di filosofia estetica, teoretica e morale presso diverse riviste universitarie, e per la Franco Angeli, ha pubblicato Lo sguardo del funambolo. Esperienze di estetica nietzscheana, Milano, 2004 .